Un consiglio avveduto è uno dei tre racconti contenuti in questa raccolta e così come gli altri due, che sono Il pentolino e Tre vedove, fa parte della produzione di Sholem Aleykhem risalente ai primi anni del ‘900. L’autore è considerato uno dei fondatori della letteratura yiddish moderna e contribuì a sdoganare l’yiddish dalla sua natura di lingua popolare, elevandola a una dimensione letteraria. E ciò non solo per l’utilizzo in sé di quella lingua, ma perché utilizzandola restituì valore e diede visibilità a quell’universo umano, sociale e culturale che dell’yiddish faceva uso e che coinvolgeva milioni di ebrei non solo in Russia; universo al quale apparteneva anche Sholem Aleykhem, pseudonimo di Sholem Rabinovitch, il quale nacque infatti in Ucraina nel 1859.
L’yiddish, elemento culturale unificante di un intero popolo, espresse una cultura sicuramente antintellettuale ma, non per questo, gli ambienti yiddish furono privi di intrinseci valori culturali. Al contrario la loro influenza ha prodotto punte di altissima eccellenza. In ambito letterario si pensi al premio Nobel Isaac B. Singer e, a quelle origini, è riconducibile uno scrittore come Mordecai Richler, l’autore de La versione di Barney, così come il cinema di Woody Allen.
Questi tre racconti si sviluppano in forma di monologhi: in essi vi è sempre un protagonista che racconta le sue vicende a un interlocutore con cui, di fatto, non interloquisce. L’interlocutore funge infatti da rimando degli avvitamenti in cui il protagonista si avviluppa fino all’esasperazione. Il procedere del discorso è quindi un procedere della mente che si dipana inarrestabile, arrovellandosi su se stessa.
Il protagonista narratore, inesorabile, attribuisce a chi lo ascolta punti di vista opposti e diversi che il narratore stesso si “inventa” teso com’è ad anticipare possibili obiezioni e ad alimentare uno spirito di contraddizione impietoso e tagliente.
Questo modo di raccontare ci restituisce quella finezza labirintica e paradossale, quella propensione autocritica e ipercritica, proprie del modo di pensare della cultura yiddish e, più in generale, della cultura ebraica, e produce gustosi effetti comici e umoristici, che si configurano come sarcasmo letale e pungente che prende di mira il mondo ma che, soprattutto, prende di mira se stessi.
Le storie raccontate sono infatti amare e ingrate, sottendono livori e rancori, frustrazioni irrisolte e irrisolvibili, piccinerie e puntigli e le vicende, rivoltate fino all’inverosimile, mettono nel ridicolo prima di tutto il protagonista che ne è al tempo stesso la vittima.
Ma se sembra che sia vittima degli altri e del mondo egli è, in realtà, vittima di se stesso, di quello spirito di contraddizione che rispecchia le contraddizioni del suo modo di stare al mondo.
Non essendo in grado di “rompere” con le situazioni di malcontento con cui convive, e ciò per pusillanimità, attaccamento alle cose materiali, piccoli egoismi, paure, incapacità di decidere, vischiosità dei legami familiari e sociali, tradizioni, finisce per “restare” nella propria condizione divenendone, di fatto, prigioniero. Ma, descrivendo tutto ciò, questi racconti riproducono fedelmente quel mondo e quell’umanità così come essa era, da qui l’effetto di rispecchiamento che i lettori di Sholem Aleykhem nutrivano per lui: si pensi che a New York, dove morì il 13 maggio del 1916, il giorno dei suoi funerali gli ebrei della città chiusero i loro negozi, sospesero ogni attività e a centinaia di migliaia accompagnarono la salma.
Ma, in senso ancor più universale, questi racconti rispecchiano, se vogliamo, quella che è la condizione più diffusa della gran parte del mondo e degli uomini, di cui ci, osservandola dall’esterno, così come Sholem Aleykhem ci dà l’opportunità di fare, ci rendiamo amaramente ma anche spassosamente conto.
In due parole: quando ridere degli altri aiuta a ridere di noi stessi.
Scheda di RAFFAELE SANTORO
SHOLEM ALEYKHEM
UN CONSIGLIO AVVEDUTO
Editore: ADELPHI
Numero di pagine: 167
Prezzo: € 8,00
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Categories: Lo Scaffale Segreto