Pubblicata nel 1953, nei Gettoni di Vittorini, per Einaudi Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese (1914-1998) è forse l’opera più conosciuta di questa autrice spesso considerata elitaria per la sua scrittura complessa. Il mare non bagna Napoli è la seconda opera della Ortese, la prima fu Angelici dolori, edita da Bompiani, padrino Bontempelli, una sorta di Bildungsroman per cui la critica parlò di realismo magico. Il mare non bagna Napoli è considerato ormai un classico e, cosa curiosa, è stato recentemente inserito nella raccolta Per una biblioteca indispensabile, a cura di Nicola Gardini (recentemente insignito del Premio Viareggio per la letteratura, con l’opera Le pagine perdute di Amelia Lynd). In questa raccolta Il mare non bagna Napoli è inserito tra i classici, assieme a opere di Dante, Boccaccio, Svevo ecc. Ortese è anche entrata a far parte della nuova edizione di Nomi, una raccolta dedicata a undici scritture al femminile di Nadia Fusini. La particolarità consiste nel fatto che Fusini, che è una autorevolissima anglista, inserisce nella sua raccolta quest’unica autrice italiana. Non che questo significhi che Ortese può rientrare tra le scrittrici più lette e più amate: condivide con Elsa Morante un destino di autrice appartata, anche se molto considerata dalla critica. Il mare non bagna Napoli risulta l’opera emblematica di Anna Maria Ortese perché vi troviamo la sua tipica scrittura visionaria, ma anche lo sguardo lucido e disperato sul reale. Fu proprio Vittorini a mettersi in testa (parole sue) che la scrittrice “poteva darci un libro napoletano, che mordesse più a fondo anche dell’impeto dei migliori critici meridionali”. Il libro si compone di alcuni racconti, di cui il più celebre è forse Un paio di occhiali, la storia di una bambina, “quasi cecata”, come dice l’oculista, per la quale la zia acquista un paio di occhiali che molto le costano (“ottomila lire vive vive”). Passata l’iniziale emozione la bambina, nel vedere nettamente la realtà che prima percepiva in modo vago e offuscato, prova un orrore e una sofferenza insopportabili. Negli altri racconti Ortese ci consegna immagini violente della realtà sconvolgente del dopoguerra, conservando, tuttavia, una particolare tenerezza per le figure più dimesse e più indifese, cosa che caratterizzerà anche le sue opere successive come ad esempio L’iguana o Il cardillo addolorato. Così è per esempio nel racconto La città involontaria, una vera e propria discesa agli inferi, rappresentati dai famosi Granili, l’ex caserma borbonica nella zona costiera che lega il porto ai primi sobborghi vesuviani, divenuta dimora di migliaia di persone lacere e disfatte, testimoni di una Napoli infima e senza speranza. Qui la prosa di Ortese diviene teatrale, a descrivere una sorta di bolgia dantesca. Il mare non bagna Napoli causò all’autrice grande ostilità oltre che la patente di antimeridionalista, dato che lei meridionale non era, e una condanna, sono parole sue, che le costò un addio, tanto che per quarant’anni non tornerà più a Napoli. Ma è nella terza parte del libro, che va sotto il titolo Il silenzio della ragione, che la Ortese sfodera la sua scrittura più pungente, nella sua qualità di giornalista, inviata a intervistare gli scrittori del Sud, scrittori allora giovani, come La Capria, Domenico Rea, Prisco. Qui la prosa diventa lucidamente gelida, mettendo a fuoco quelle caratteristiche di immobilità, di vanità e di disperazione che accomunavano, secondo Ortese, gli scrittori napoletani legati al Gruppo Sud, animati dalle speranze del dopoguerra, ma già portatori di un profondo fallimento. È una denuncia, paragonata da alcuni a Cristo si è fermato a Eboli, di Carlo Levi, ma non ha fine politico, pratico o sociale, come scrive Gardini, piuttosto è intensamente morale, con un senso leopardiano della storia. Ortese si difese dalle accuse parlando dell’intollerabilità del reale e di una sorta di spaesamento vero e poco dicibile, perché senza riscontro nell’esperienza comune, tale che aveva bisogno di una straordinaria occasione per manifestarsi. “Questa occasione – scrive l’autrice nella prefazione all’edizione Adelphi del 1994 – fu il mio incontro con la Napoli uscita dalla guerra. Rivederla e compiangerla non bastava. Qualcuno aveva scritto che questa Napoli rifletteva una lacera condizione universale. Ero d’accordo, ma non sull’accettazione (implicita) di questo male. E se all’origine di tale lacera condizione, vi era appunto la infinita cecità del vivere, ebbene era questo vivere, e la sua oscura sostanza, che io chiamavo in causa.”
In due parole: uno sguardo lucido, affascinante e critico sulla Napoli del dopoguerra.
Scheda di GABRIELLA D’INA
ANNA MARIA ORTESE
IL MARE NON BAGNA NAPOLI
Editore: ADELPHI
Numero di pagine: 176
Prezzo: € 10,00
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Categories: Lo Scaffale Segreto