Artur Sammler vive a New York, è un ebreo settantaduenne, con un passato di intellettuale europeo. Viene dalla Polonia, è cieco da un occhio, colpito dal calcio di un fucile mentre con altri, nudo, veniva spintonato dai nazisti per essere ucciso sull’orlo della fossa comune. Si salva per caso rimanendo immobile accanto al cadavere della moglie sotto altri corpi accatastati su di lui. Si aggrega poi a una banda di partigiani polacchi, ma dovrà scappare anche da questi, antisemiti ancorché antinazisti, e sopravvivrà rifugiandosi in un cimitero. Di quei mesi è anche l’esecuzione a freddo, di cui Sammler non si pentirà mai, di un giovane soldato tedesco sbandato: gli prende le armi, i vestiti e gli spara alla testa: “Uccidere l’uomo cui aveva teso un’imboscata nella neve gli aveva fatto piacere. Si trattava di piacere soltanto? Era di più. Era gioia. La chiamereste un’azione tenebrosa? Al contrario, era anche un’azione luminosa. Era predominantemente luminosa. Quando sparò il colpo di fucile, Sammler, lui stesso quasi cadavere, scoppiò di vita.”
Questo il background dostoevskiano del protagonista de Il pianeta di Mr. Sammler di Saul Bellow (Lachine in Canada 1915-Brookline 2005), premio Nobel 1976, uno dei grandissimi scrittori americani, a mio parere il maggiore del secondo Novecento. Dopo Chiamalo sonno di Henry Roth (a lungo ignorato), è l’autore che più ha familiarizzato la narrativa del suo paese col vissuto ebraico. Ed è noto il ruolo fondamentale che la cultura ebraica, anzi yiddish (cioè la variante ashkenazita dell’Europa centro-orientale), ha esercitato in ogni campo della cultura americana, dalla narrativa, appunto, al teatro, al cinema, permeandola di inconfondibile humour, di gusto per la riflessione ai margini della metafisica e del paradosso, di passione per l’etica. (Bellow fu anche traduttore dall’yiddish in inglese di Isaac B. Singer.)
Il pianeta di Mr. Sammler (pubblicato nel 1968) non è un romanzo facile, nel senso che non ha una “storia”, anche se vi succedono tante cose, anche se il ritratto di un’epoca e di una società (quella americana, anzi newyorkese, dei tardi anni Sessanta, col femminismo, la contestazione, la rivoluzione sessuale) ricorda i grandi affreschi di Balzac e se i personaggi sono tutti vivissimi e mirabilmente caratterizzati. E il talento stilistico di Bellow ci insegna a guardare il mondo: le sue descrizioni metropolitane, naturali, ambientali, fisiche sono di un iperrealismo che, nell’espressione lucidissima del dettaglio, arriva all’allucinazione, trasmettendo al lettore un’acuita percezione sensoriale della realtà.
Il fatto è che, come tutti i suoi romanzi, Il pianeta di Mr. Sammler è romanzo di idee, pieno di divagazioni alleggerite da una vis polemica irresistibile e spesso comica. Il protagonista, un “uomo che ha fatto ritorno dalla tomba”, umanista disilluso e insieme nostalgico, “un individuo fuori da tutto questo, hors d’usage, un uomo non di questi tempi”, e anche per questo politicamente scorrettissimo, anti-ideologico e idiosincratico, monologa continuamente sul mondo che lo circonda e sui suoi legami con esso. (Ancora una volta vengono alla mente Dostoevskji e le sue Memorie dal sottosuolo.) In questo modo Bellow distrugge la forma-romanzo e proprio in questo sta, paradossalmente per lui così anti-moderno, la sua modernità.
Bersaglio principale di Artur Sammler e delle sue elucubrazioni è l’enfasi illuministica sull’individuo, su “tutta questa teatralità dell’anima”, su “questa personalità di cui il proprietario va tanto fiero”: è stato solamente “negli ultimi due secoli che la maggioranza della gente nei paesi civilizzati ha rivendicato il privilegio di essere degli individui”. Ma la liberazione si è distorta rapidamente in narcisismo, e il consumismo ha fatto il resto. Di qui la domanda incessante su che cosa significa essere un uomo in una società di massa che quotidianamente nega proprio l’umanità: “Sentimenti, comunicativa, espansività, gentilezza, bontà – tutte queste belle cose umane che per una peculiare svolta di opinione adesso la gente vede come losche attività.”
Bellow è un grande scrittore, mescola alto e basso sia nella lingua sia nei sentimenti, alterna il serio e l’ironico, ha un’intelligenza cattiva e insieme pietosa: Artur Sammler riuscirà a uscire dal suo isolamento attraverso l’apertura agli altri mediata, mozartianamente e leopardianamente, dalla carità: “Carità, tutta la carità, pura e semplice carità, quando si riflette sullo stato delle cose, la cecità dei viventi.”
In due parole: una diagnosi lucida e irriverente della modernità.
Scheda di GIANANDREA PICCIOLI
SAUL BELLOW
IL PIANETA DI MR. SAMMLER
Editore: MONDADORI
Traduzione di Letizia Ciotti Miller
Prima edizione italiana: 1976 (Garzanti)
Numero di pagine: 311
Prezzo: € 9,50
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