Rintocchi di campane. Un soleggiato giorno di festa. La gente richiamata dallo scampanìo si avvia allegra e vivace per ascoltare il sermone del pastore Hooper. Siamo in un villaggio dell’America puritana nel New England. Nathaniel Hawthorne scrive uno dei primi e più ambigui racconti della letteratura americana. Come molti racconti di Hawthorne e il famoso romanzo La lettera scarlatta, la vicenda si snoda intorno a un simbolo: il velo nero. Come in un gregge dapprima calmo e sereno, all’arrivo del pastore Hooper tra i parrocchiani comincia a serpeggiare dapprima l’incredulità, poi la paura:il pastore Hooper cinge sulla fronte e sospeso sul volto un velo di crespo nero. Grande è lo stupore. “Non riesco ad immaginare il volto del pastore Hooper”. “Non mi piace. Fa paura”. “È impazzito”. “Cosa vuole nascondere?”. Il pastore Hooper tiene il suo sermone che non si discosta dai suoi precedenti né per intensità né per argomento. Ma il fermento e lo sgomento crescono e molti fedeli se ne vanno. È strano l’effetto che produce questa stravaganza che lo fa apparire come uno spettro. Finito il sermone partecipa a un funerale e nel pomeriggio a un matrimonio suscitando ancora, in queste due occasioni, prima nel dolore e poi nella gioia, sentimenti di allarme e turbamento. Alla domanda sul perché porti il velo e a quella di scostarlo da parte di Elizabeth, che gli vuole bene e non è per nulla intimorita dal velo nero, il pastore Hooper oppone un semplice e categorico diniego. Non spiega e non scosta il velo. Lo porterà per tutta la vita, pagandone un alto prezzo. Non compreso nel significato di questo suo atto, si condanna per sempre alla solitudine sino alla fine. Molti commentatori e critici interpretano “il velo nero”, questa semplice “parabola”, con complessità. Alcuni come un senso di colpa, o un atto di superiorità, altri come un delitto non svelato, oppure solo il volersi isolare dal mondo. Ma il tema centrale del racconto è esposto in modo esplicito nelle ultime parole: prima della morte, il pastore Hooper dice semplicemente: “Ognuno ha un segreto peccato che nasconde a tutti”, vietando così a tutti di togliergli il velo. Il velo è il simbolo della maschera di dolore celato che separa e vieta agli uomini di vedere chiaramente in se stessi e di farsi vedere e conoscere dagli altri: questo il naturale significato del racconto e come io lo interpreto. E perché il titolo Racconti raccontati due volte? Perché furono pubblicati la prima volta su giornali e riviste e poi raccolti in volume prima nel 1837 e in una seconda edizione riveduta e accresciuta nel 1842. La sublime arte del racconto che sembra stare sempre in sospeso sulla soglia della grande letteratura ha in questi racconti (segnalerei anche Wakefield e Impronte di passi sulla sabbia) una forma perfetta e alta nell’ambigua delicatezza della loro anima crepuscolare.
In due parole: la maschera o il volto, quale scegliere?
Scheda di CARLO MARTEGANI
NATHANIEL HAWTHORNE
RACCONTI RACCONTATI DUE VOLTE
Editore: GARZANTI
Traduzione di Marco Papi
Numero di pagine: 496
Prezzo: € 11,00
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Categories: Lo Scaffale Segreto