Talento innato, costanza, tenacia e duro lavoro uniti a un carattere forte e ostinato sono stati gli ingredienti che hanno portato Pietro Mennea verso il successo. La corsa non finisce mai è il libro che racconta la storia di uno dei più grandi atleti dello sport italiano dal punto di vista agonistico e umano. Una carriera inimitabile, insieme entusiasmante e dolorosa, iniziata da ragazzo quando nulla lasciava presagire la possibilità di raggiungere grandi traguardi: un fisico asciutto e una città, Barletta, che non aveva una pista d’atletica decente.
«La mia terra è stata ed è amara, e non solo per l’atletica. Nascere a Barletta e ostinarsi a sognare ha comportato il pagamento di un prezzo altissimo: la solitudine. Mi sarebbe piaciuto continuare a vivere e a vincere nella mia città, tra la mia gente. Mi sono portato dentro un luogo della memoria che col tempo e la solitudine è diventato il luogo della mia anima. Ho pensato spesso a Barletta negli anni passati a correre in giro per l’Italia e per il mondo.Ancora oggi mi rendo conto che sono teso a cogliere ogni possibile occasione per rivederla, nonostante, con il passare degli anni, la gente si sia mostrata ingrata nei miei confronti».
Solo la sua grande forza di volontà e l’allenamento costante e quotidiano lo hanno portato a conquistare la medaglia più importante nei 200 metri ai Giochi del Mediterraneo nel 1971; poi il bronzo alle Olimpiadi di Monaco nel 1972, due medaglie d’oro ai Campionati europei di Roma nel 1974, 200 metri e staffetta 4×100. E ancora un bis sul gradino più alto del podio con i Campionati europei di Praga nel 1978. Il 1979 è la volta di Città del Messico con il raggiungimento di un record mondiale che ha detenuto per diciassette anni. E poi la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca nel 1980.
In questa biografia, scritta con il giornalista Daniele Menarini, Mennea si è aperto al pubblico per raccontare anche i retroscena della sua vita, sempre contrastata dagli uomini a capo dello sport italiano che lo portarono alla solitudine e al ritiro dalla carriera agonistica fino al 1984 quando disputò la sua quinta e ultima Olimpiade a Los Angeles.
Un libro che racconta la storia di un grandissimo atleta e soprattutto di un grande uomo che nella sua breve vita ha vinto tanto, ma non ha ricevuto i riconoscimenti che avrebbe meritato per le sue denunce contro la corruzione del mondo sportivo.
«Non è tanto importante il risultato sportivo, almeno non quanto il risultato umano. Ciò che conta davvero non è vincere nello sport, ma vincere nella vita».