Protagonista della storia, che si svolge in un anno, dal 1963 al 1964, è Caterina, una bambina di 10 anni, grande appassionata di ciclismo, che vediamo fin dalle prime pagine sfrecciare sulla sua Chiorda color argento, sull’argine del fiume, in perenne allenamento, con il sogno di correre al Giro d’Italia come Alfonsina Strada, l’unica donna che mai vi aveva partecipato, nel 1924, sola contro tutti i ciclisti maschi. Condivide la passione del ciclismo col padre Enrico, operaio e poi caporeparto nella fabbrica, una litografia, vicino a casa. È con il padre che Caterina Guerra (cognome che evoca il mitico Learco Guerra, la locomotiva umana) ascolta le cronache radiofoniche del Giro d’Italia e del Tour mentre la madre, casalinga con aspirazioni borghesi, non condivide affatto la passione della figlia, così lontana dalle aspettative di prestigio e di femminilità che nutre per lei. Così si presenta al lettore una famiglia tipo dell’Italia del boom: le aspirazioni della madre, donna bella e di temperamento, che gradualmente si sottrae alla vita famigliare, e soprattutto al marito, un quieto temerario che vive in fabbrica tutte le contraddizioni dello sviluppo economico. I comizi che il padre fa, alla sera, fuori sul balcone, fumando le sottili Turmac, comizi agli orti, al vuoto, in cui riversa inquietudini politiche e personali, in cui esprime l’ansia per le ingiustizie, per le morti bianche in fabbrica, per la mancanza di senso, sono momenti di forte intensità narrativa. Al di qua dei vetri, in casa, la bambina assiste muta, cercando di cogliere le parole: non capisce, ma sente di amare in modo protettivo quell’uomo speciale che è suo padre. Indimenticabili gli interni di casa, i pomeriggi invernali silenziosi, quando la madre taglia e cuce e la bambina, sotto al tavolo, gioca con le matassine di filo colorato a comporre figure acrobatiche di ciclisti. Numerosi sono i comprimari, dal nonno anarchico e antifascista, alla nonna Suocera, ai ragazzini compagni di giochi (Massimo che assomigliava al Molleggiato, il figlio della Tranquilla che era tale e quale John Kennedy), la cugina grande, il maestro di pianoforte… Ma forse, sul tutto, merita attenzione la capacità dell’autrice di intrecciare gli affetti, di sorvegliarli, di riviverne la magia e la sofferenza.
Ambientata in una città di provincia e di pianura (forse Vercelli, città natale dell’autrice), connotata da pochi elementi paesaggistici, quasi emblematici di un luogo (la periferia, gli orti, la fabbrica, il fiume), narrata come indagine di una donna adulta sulla propria infanzia, questa nuova opera (2011) di Laura Bosio, che esordì nel 1993 con I dimenticati e fu finalista al Premio Strega 2007 con Le stagioni dell’acqua, conferma l’originalità tematica che le è propria e l’eleganza e la pacatezza della sua scrittura, capace di dare spazio alle voci minime.
In due parole: l’infanzia come tempo privilegiato della vita, in cui la realtà irrompe prepotentemente.
Scheda di GABRIELLA D’INA
LAURA BOSIO
LE NOTTI SEMBRAVANO DI LUNA
Editore: LONGANESI
Numero di pagine: 214
Prezzo: € 16,60
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Categories: Lo Scaffale Segreto