“L’occhio della conoscenza vede, quello del fascino guarda. Il fascino è caratterizzato da malinconia ed ammirazione; da questa miscela intima e profonda scaturiscono la motivazione a cercare la conoscenza e, contemporaneamente, la capacità di tentare uno sforzo verso una risposta esauriente.” In questa sorta di manifesto iniziale risiede tutta la portata culturale di un testo che si colloca dove la scienza si fa altro che non tecnica e strumento, per tornare a essere ciò che essa fondamentalmente è: l’inesauribile umano tentativo di scoprire. Una via dell’ingegno che si è incarnata in personalità geniali (da Fibonacci a Lavoisier, da Gell-Mann a Wiles) le quali hanno saputo coniugare tradizione e creatività, esercitando sopra ogni cosa la massima attitudine dell’uomo, e cioè la capacità di immaginare la realtà in altro modo da come essa ci appare. Attitudine che, a ben pensarci, è propria dell’artista; non a caso il libro di Gouthier e Ioli porta come sottotitolo “comunicare scienza tra rigore e poesia”.
La prefazione, affidata a Tullio De Mauro, pone sin dall’inizio il lettore in un terreno dove impera il linguaggio. Associare la scienza alla poesia significa perciò, in ultima analisi, vederla – come l’arte – quale possibilità di creazione del mondo. Le storie che Gouthier e Ioli narrano sono appunto il canto delle imprese di alcuni individui ai quali dobbiamo l’aver portato alla luce nuove “grammatiche della realtà”: nuovi linguaggi per descrivere ciò che è e per motivarne le ragioni di esistenza.
Si parte con Antoine Lavoisier, che inventa l’inedito linguaggio che rivoluzionerà la ricerca e la comunicazione della chimica. Lavoisier, dunque, come Linneo: entrambi affascinati dalla possibilità di catalogare il catalogabile, di dare senso e ordine alla molteplicità dei dati. Il linguaggio, in un XVIII secolo nel quale la scienza si sta avviando ai fasti e ai riconoscimenti dell’intera società, si fa strumento che aiuta a procedere dall’ignoto al conosciuto.
Una delle ultime storie narrate si dipana invece su un asse temporale che copre più di trecento anni. Come nei migliori romanzi, allora, due vicende temporalmente incommensurabili giungono a intrecciarsi mentre i loro protagonisti ingaggiano una sfida all’ultima… equazione. Il fatto che il terreno di tale contesa sia infatti la matematica fa di questa storia probabilmente quella a più alto impatto emotivo dell’intero libro. Perché è la dimostrazione di come la matematica possa essere – in chi la voglia guardare così, dimenticando i ricordi sterili della scuola – innanzitutto “immaginazione”. In una sera come altre del 1637, il giudice di Tolosa (appassionato di matematica) Pierre de Fermat annota, a margine di un testo greco, la frase che si incuneerà dolorosa nelle menti dei matematici professionisti dei secoli a venire: “Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina.” Fine. Quella che avrebbe anche potuto essere una boutade umoristica terrà in scacco l’intera comunità matematica fino a che un anonimo ragazzino inglese non deciderà che la frase di Fermat sarebbe stata la “sua” sfida. Il ragazzino diverrà poi adulto, diverrà un matematico, proprio per poter dare un nome a ciò che tre secoli prima Fermat aveva solo accennato, e riuscirà – nel 1994 – a chiudere la partita con la mossa dello scacco matto. Gouthier e Ioli ci mettono seduti a fianco di Wiles, nella sua soffitta, ci fanno sentire il silenzio e l’isolamento che egli cercò – e per sette anni attuò – per poter dare il via alla fase di “creazione”. Il nostro sguardo scorre allora sulle carte accumulate sulla sua scrivania, abbraccia gli appunti che lì si trovano. E scopriamo l’esile filo che Wiles riuscì a inventare per tenere unite teorie apparentemente sconnesse. E questo esile filo, passato poi alla Storia, diventerà la dimostrazione del teorema di Fermat che era rimasto un intrigo per più di tre secoli.
In due parole: per vedere scienza e matematica come imprese epiche combattute con le armi create dall’immaginazione.
Scheda di SIMONA BUTÒ
DANIELE GOUTHIER E ELENA IOLI
LE PAROLE DI EINSTEIN
Traduzione di Serena Prina
Anno di pubblicazione: 2006
Editore: DEDALO
Numero di pagine: 220
Prezzo: € 16,00
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Categories: Lo Scaffale Segreto