L’amore, i grandi libri, l’amicizia, i grandi film, la famiglia, il sesso. Questi e molti altri sono gli ingredienti dell’ultimo libro di Marco Missiroli che si svolge tra Parigi e Milano, tra gli anni Settanta e i giorni nostri.
Atti osceni in luogo privato ci dice già dal titolo che il punto di vista e la prospettiva considerati nel romanzo sono del tutto particolari, perché focalizzati sulla sessualità del protagonista.
L’autore racconta l’educazione sentimentale e sessuale di Libero Marsell, un dodicenne che diventa adulto attraverso l’attesa di un amore che non sembra arrivare, di sentimenti contrastanti, di desideri che lo portano in alcuni casi a rovinare rapporti profondi. Un bambino e poi un ragazzo che diventa uomo quindi e che scopre l’erotismo prima con timore e timidezza, poi con curiosità e desiderio, infine con consapevolezza e sentimento.
Il protagonista si è appena trasferito da Milano a Parigi con la sua famiglia per il lavoro del padre, quando scopre il tradimento di sua madre con un amico di famiglia. È in quel momento che il ragazzo capirà quanto il sesso possa influenzare la vita e quanto sia parte fondante di un rapporto, nel bene e nel male. Lo vediamo allora crescere tra i primi turbamenti amorosi e i primi approcci con l’altro sesso e con il suo sesso, lo vediamo affrontare la separazione dei genitori e successivamente la perdita del padre, eterno sognatore e figura di riferimento a cui Libero si affidava ciecamente. Libero si innamora, si avventura nella sfera sessuale, lo vediamo soffrire e provare gelosia e pian piano scoprire come stare al mondo. E in questo è aiutato dalla bellissima bibliotecaria Marie e dai grandi classici della letteratura: Lo straniero, Il deserto dei Tartari, Lolita e molti altri. Libri che ognuno di noi dovrebbe leggere almento una volta nella vita e che gli indicano la strada da seguire, accompagnandolo passo dopo passo nelle scelte più complicate e aiutandolo a trovare un punto fermo nella sua esistenza altalenante tra voglie, paure, fantasie e illusioni.
Il libro si divide in sei capitoli, ognuno riguardante una fase della vita di Libero: infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità, adultità, nascita. Tutti scanditi dal costante bisogno di mettersi in relazione con l’altro e di creare legami. Le Grand Liberò ha il destino nel suo nome, ma riesce a scoprire sé stesso solo attraverso il rapporto con gli altri e quello con le due metropoli: la romantica Parigi e la fredda Milano. Sembra di passeggiare per le strade e le piazze, nei bar e nelle biblioteche; sembra di sostare nella Ville Lumière, di camminare per Corso di Porta Romana, di attraversare Brera e percorrere Corso Venezia assaporando i sogni e i timori di un ragazzo alla ricerca della sua stabilità erotica e sentimentale.
È chiaro che Marco Missiroli ha il dono della scrittura, se la narrazione ci appare così naturale fin dalle prime pagine del libro, che scorre in modo fresco ma coinvolgente. Un libro scritto in prima persona che è provocazione, rischio e istinto, al limite tra l’audacia e l’indecenza. Proprio come può esserlo la scelta di una copertina così forte ma che non è ovviamente lasciata al caso come si scopre ad un certo punto della storia. Un romanzo che è libertà, proprio quella che riesce a raggiungere Libero Spirito nella sfera esistenziale, affettiva e sessuale trovando finalmente il suo centro di gravità.
Marco Missiroli ci ha parlato del suo ultimo romanzo, rispondendo ad alcune domande.
1.La parola d’ordine del tuo ultimo romanzo sembra essere “oscenità”. Ma per chi riesce ad andare oltre la superficie c’è molto di più. Credi che i lettori abbiano capito e apprezzato la scelta di un tema portante come quello della sessualità?
Credo che l’impatto più difficile sia capire che nel libro la parola oscenità viene ribaltata, la chiave è in quel “luogo privato” del titolo: così davvero osceno per noi stessi nella nostra intimità? E’ davvero giudicabile visto che non è visto da nessun altro? Ecco, diciamo che intorno a questo termine abusato c’è una possibilità sentimentale.
2.Una domanda che è imprescindibile quando si legge la storia di Liberò. Quanto c’è della tua esperienza personale nel racconto della crescita del protagonista?
Forse moltissimo, forse ben poco. Ogni volta che spunta un personaggio così, che trascina il narratore nei pertugi della scrittura, si perde il confine tra identità e finzione. Di certo Liberò è un personaggio viscerale come lo sono io, e timido come lo sono io, e pieno di contraddizioni erotiche e sentimentali come è il mondo.
3.Da dove trai l’ispirazione per iniziare a scrivere un nuovo libro?
Difficile dirlo, è stato talmente una scrittura travolgente che ha sbaragliato tutte le coordinate del mio precedente metodo di scrittura, ispirazione e gestione dell’ispirazione comprese! So solo che è la prima volta che mi capita una folgorazione così nel scrivere un romanzo.
4.I libri che citi nel romanzo hanno segnato in qualche modo anche la tua crescita personale e professionale? Domanda ironica… sei consapevole di aver innescato un acquisto compulsivo di questi grandi classici tra i tuoi lettori?
Magari fosse così. Se davvero sapessi di aver aiutato a rigenerare alcuni tra i classici che compaiono nel romanzo sarebbe uno dei colpi narrativi più grandi a cui potessi aspirare. Comunque qui classici consigliati sono davvero stati capitali per me, e non come impatto culturale ma come apporto esistenziale e sentimentale. Penso al Deserto dei tartari, al Commesso, a Il filo del rasoio e a Mentre morivo…
5.Il titolo è tutto un programma, così come la copertina. Una scelta forte e audace, forse rischiosa. Pensi che questa decisione possa influenzare il pubblico e creare pregiudizi nei confronti del libro?
È normale quando si fanno scelte così forti e nette. Ma la copertina è un’opera che c’è dentro il romanzo, anche se è vero che c’è un salto tra la nudità e il sentimento che c’è all’interno. Il titolo invece è nato con l’opera, e lo trovo pienamente autentico.
6.Personalmente ho amato il modo di sentirmi davvero presente tra le vie di Milano e nei quartieri di Parigi. Come ci riesci?
Ho amato a mia volta vivere in quei luoghi, li ho assorbiti e forse metterli su pagina è davvero un processo fisico, alchilico. Altrimenti non si capirebbe come molti lettori mi dicono che si sono sentiti davvero a Parigi e Milano con così tanta forza.
7.Un’ultima domanda. Come ci si sente a essere definiti “uno scrittore d’eccellenza” da un grande come Emmanuel Carrère?
È stato meraviglioso e sorprendente ricevere una sua mail con quelle parole. Diciamo che spero confermi lo stesso giudizio anche con i romanzi che verranno.