Cinque famiglie ebraiche in Italia in quattro città diverse: due di Torino (gli Ovazza e i Foa), una di Roma (i Di Veroli), una di Genova (i Teglio e con loro i Pacifico), l’ultima di Ferrara (i Schönheit); cinque famiglie nel loro ambiente di correligionari e di cattolici, di laici e di religiosi, raccontate nel buio degli anni delle leggi razziali fasciste, dal 1938 alla fine della seconda guerra mondiale. Ma anche col riferimento continuo e indispensabile alla storia secolare in Italia della segregazione nei ghetti più o meno feroci, più o meno chiusi (e aboliti definitivamente in tutta Italia dopo la liberazione di Roma nel 1870). Questo è Uno su Mille del giornalista statunitense Alexander Stille, dove i due numeri “uno” e “mille” fanno riferimento alla percentuale degli ebrei italiani nella popolazione prima della persecuzione. Erano circa 51.100: 300 vennero uccisi in Italia, più di 7500 deportati in Germania e poco più di 800 tornarono. Questa ricostruzione, cui Stille ha lavorato per anni, affascina perché offre una visione amplissima di quali furono gli atteggiamenti da parte degli ebrei italiani, le loro risposte al fascismo (per lo più adesione) e alla persecuzione, i destini diversi a seconda del ceto, della provenienza, degli studi, degli incontri e naturalmente anche dei terribili o fortunati giochi del caso. In tutte le storie ricostruite risulta che gli ebrei non erano assolutamente preparati a quanto li attendeva dal voltafaccia di Mussolini a seguito dell’alleanza con Hitler: dopo le precedenti ripetute dichiarazioni di non adesione all’antisemitismo nazista (pur con avvisaglie continue e crescenti di un possibile cambio di rotta) nel novembre 1938 la proclamazione delle leggi razziali stravolse la vita della popolazione ebraica.
Ognuna di queste storie è indimenticabile. Mi soffermo sul destino della famiglia Schönheit di Ferrara: il padre Carlo agente di commercio e cantore nella più antica sinagoga delle città, la madre Gina Finzi (“era un donnone di un metro e ottanta che pesava una novantina di chili”), energica maestra nella scuola elementare ebraica, l’adorato figlio unico Franco studente di undici anni costretto nel ‘38 a lasciare la scuola media pubblica. Poi un periodo di seminormalità: a differenza dei professionisti che subito vengono privati della possibilità di esercitare la professione, Carlo può continuare a vendere la sua biancheria nelle campagne e Gina a insegnare. Ma il 9 settembre arrivano i tedeschi e un gran numero di ebrei lascia la città. Gli Schönheit non scappano. Probabilmente perché non hanno i soldi che sono indispensabili per corrompere, per nascondersi, per rifugiarsi in Svizzera, ma anche perché non riescono a immaginare una minaccia completamente estranea a ogni possibilità di comprensione, si pensava a “campi di concentramento” all’italiana. “La creazione di campi di sterminio era una mostruosità folle che questi ebrei italiani, docili e rispettosi delle leggi, non riuscivano semplicemente a comprendere.” Quindi continua a vivere quasi come se nulla fosse. Da lì Stille segue, interponendo le frasi delle interviste a Franco Schönheit, le vicende della famiglia. Prima l’arresto di Carlo insieme a una settantina di persone delle quali circa la metà ebrei per rappresaglia per l’uccisione di un gerarca fascista; poi il rilascio ottenuto a condizioni durissime: infatti entrambi i genitori Schönheit possono “vantare” una madre cattolica, quindi Carlo può uscire dal carcere ma non lasciare Ferrara pena rappresaglia su tutti i famigliari; infine nel febbraio, ormai atteso, l’arresto di tutta la famiglia e l’invio in treno a Fossoli nel modenese, diventato il punto di concentramento di tutti gli ebrei italiani arrestati dai tedeschi e dai fascisti prima dell’avvio in Germania, per lo più ad Auschwitz. Dopo aver vissuto nella speranza che i certificati di battesimo delle due nonne cattoliche potessero allontanare la deportazione, nell’agosto del ‘44 (in seguito all’attentato a Hitler) la decisione dei tedeschi di ripulire Fossoli anche dagli ebrei “misti”. Gli Schönheit sono gli ultimi a essere deportati, i due uomini a Buchenwald, Gina a Ravensbrück. Il racconto della vita di padre e figlio a Buchenwald (otto mesi) sono all’altezza delle pagine di Primo Levi. Commovente nella sua semplicità come viene descritto il legame strettissimo tra i due (veniva spesso preso per un legame omosessuale, ammesso e anzi apprezzato nel campo) che sicuramente consente la sopravvivenza del padre, provato in modo estremo dalla fame, dalla debolezza, dall’orrore per l’indicibile che li circonda; mentre il figlio Franco, di diciassette anni, è più spavaldo e più forte. Il cognome tedesco consente un minimo di corrispondenza in un tedesco maccheronico tra Gina e i due uomini. Infine la liberazione da parte degli americani del campo cosparso di cadaveri (nell’ultimo mese di 80 000 prigionieri ne restavano 23 000), gli americani interdetti che non capiscono, i tedeschi dei villaggi circostanti condotti a vedere, senza parlare, il campo… Nell’epilogo si apprende del ritorno a Ferrara di tutti e tre gli Schönheit. Molto bella e illuminante anche la prefazione dell’autore, figlio del grande giornalista Ugo Stille.
In due parole: un libro di storia da leggere per conoscere e per meglio ricordare.
Scheda di SUSANNA SCHWARZ
ALEXANDER STILLE
UNO SU MILLE
Editore: GARZANTI LIBRI
Anno di pubblicazione: 2011 (seconda edizione)
Numero di pagine: 430
Prezzo: € 28,00
NICEPRICE € 23,80 – SCONTO -15%
Categories: Lo Scaffale Segreto